Il Sikhismo è una Religione Indiana relativamente recente.
In una mattina di primavera del 1500 un giovane di nome Nanak (1469-1538) , magazziniere a Sultanpur, venne chiamato in cielo al cospetto di Dio, e - rivelano le leggende - bevve dalle sue mani l'ambrosia divina che lo illuminò: nacque così la religione sikh, Una religione monoteista che crede nella necessità di amare e servire i fratelli. Non nega la credenza nella reincarnazione e degli effetti delle azioni sulle vite successive, e cioè il Karma. Il traguardo finale è di interrompere il ciclo delle nascite allo scopo di una congiunzione con il Creatore, Unico e Indivisibile. Sulla strada che porta a questa congiunzione l'individuo ha la possibilità di purificarsi conducendo una vita integra e onesta, superando il proprio egoismo e rinunciando ai vizi (come alcool, tabacco in qualsiasi forma, desiderio per cose o donne altrui, ecc).
Tutti gli esseri sono uguali davanti al Creatore, rifiutando così il sistema castale e la disparità fra uomo e donna. Infatti, le donne possono guidare la congregazione in preghiera. Anche il rapporto fra uomo e donna è di assoluta uguaglianza.
Il clero non esiste perché le fede deve essere vissuta nel quotidiano e nella famiglia; ogni Sikh può leggere il Guru Granth Sahib, anche a casa sua, non c'erano quindi "né indù né musulmani, ma un solo unico Dio" sulla base di un Monoteismo Aniconico (senza immagini), come si può riscontrare nell’Islàm. Peccato che i moghul asserragliati nelle fortezze rosse di Delhi la pensassero allo stesso modo - con la differenza che il solo, unico Dio, era il loro - e che per fare proseliti nei loro nuovi territori usassero più la spada che le parole. Secondo le cronache dell'epoca, sospese fra realtà e fantasia, a fine giornata il bravo guerriero moghul doveva aver raccolto almeno tre chili di sottili fettucce di tessuto arancione: le fettucce, ciascuna pesante pochi grammi, erano un segno distintivo degli indù, che usavano portarle a tracolla, e per asportarle si usava il metodo più spiccio, ovvero si decapitava il proprietario. In questo clima, il sikhismo dovette abbandonare l'estasi indotta dalle sorsate di ambrosia e confrontarsi con la realtà del ferro e del fuoco. Govind Singh, il decimo guru, vissuto duecento anni dopo il patriarca Nanak, lasciò scritte frasi come "Quando tutti gli altri mezzi si sono rivelati inutili, è giusto usare la spada" e diede ai suoi seguaci i simboli che essi portano ancora, tra cui il pugnale ricurvo che incarna la "natura d'acciaio" di Dio. Questo simbolo, composto quindi da armi bianche vuole rappresentare senza dubbio la “virtù guerriera” e la potenza spirituale e temporale. L’introduzione di questo simbolo risale al Decimo ed ultimo Guru dei Sikh, Govind Singh (1675-1708), uomo di grandissima cultura ed eccellente capo militare.

Per le Loro indiscusse ed indiscutibili doti militari, molti Sikh prestarono servizio nell’Esercito Imperiale Britannico Anglo-Indiano e furono considerati fra le Truppe più fidate in quanto rimasero fedeli anche durante la rivolta del 1857. Molti fecero altresì parte della Polizia nei possedimenti britannici di Singapore ed Hong Kong.
I Sikh portano come segno di appartenenza con la Comunità, un cognome comune “Singh”, che significa “Leone” (della Fede), il caratteristico turbante e le “Cinque K”, cioè:

1)Kés (barba e capelli mai tagliati, questi ultimi raccolti nel turbante);
2)Kanghâ (pettine in legno);
3)Kirpân (un piccolo pugnale che i Sikh annodano fra i capelli);
4)Karâ (un braccialetto di ferro);
5)Kaccha (pantaloni corti alle ginocchia).