Influenza aviaria

Notiziario - 05 ottobre 2007

Mutazione negli animali presenti in Europa e in Africa


Aviaria: virus mutato, pandemia possibile
Ricerca Usa: «Abbiamo identificato un cambiamento che potrebbe consentire all'H5N1 di svilupparsi nell'uomo»
NEW YORK - Sale l'allarme. Il ceppo H5N1 dell'influenza aviaria, il più letale, è mutato in una forma in grado di contagiare più facilmente gli essere umani anche se non si è ancora trasformato in una imminente causa di pandemia. La nuova forma di H5N1 si sta adattando a vivere a temperature più bassa nel corpo degli «ospiti» vettori del contagio rispetto ai 41 gradi dei volatili, più vicine ai 37 abituali nell'uomo. A lanciare l'allarme è il dottore Yoshihiro Kawaoka dell'università Wisconsin-Madison. «Abbiamo identificato uno specifico cambiamento che potrebbe consentire all'aviaria di svilupparsi nel tratto superiore del sistema respiratorio umano», ha spiegato Kawaoka, aggiungendo che «i ceppi che stanno circolando in Africa e Europa sono i più vicini a trasformarsi in virus umani». Alcuni campioni prelevato da uccelli nei due continenti presentano queste mutazioni, ha sostenuto il team su un articolo pubblicato sulla rivista «Public Library of Science journal PLoS Pathogens».
RISCHIO PIU' VICINO - «Non intendo spaventare il pubblico. Ma allo stesso tempo è importante che la comunità scientifica comprenda quanto sta avvenendo», ha aggiunto Kawaoka L'H5N1 dal 2003 ha contagiato 329 persone, che vivevano a stretto contatto con uccelli, in 12 Paesi uccidendone 201. Raramente si è trasmesso da uomo a uomo ma se acquisisse la capacità di farlo più facilmente probabilità potrebbe causare una pandemia. Per contagiare l'uomo il virus, in particolare, dovrebbe adattarsi alla temperatura basale dell'uomo più bassa di quella dei volatili. Al momento l'H5N1 si trasmette negli uccelli che hanno una temperatura corporea di 41 gradi Celsius mentre la nostra è stabile a 37 gradi. Per questo il naso e la gola degli uomini, da dove i virus aerei abitualmente penetrano, sono una barriera naturale perchè si trovano a circa 33 gradi. Ma la mutazione riscontrata nei ceppi africani e europei, tutti provenienti con gli uccelli migratori dall'Asia, sembra consentire all'H5N1 di attecchire anche a temperature più basse: queste forme «sono quelle più vicine alle influenze umane», ha avvertito Kawaoka, anche se ha sottolineato che questo fattore da solo non basta a farlo diventare un pericolo imminente e concreto.
 

Notiziario - 1 febbraio 2007

Aviaria, nuovi focolai. Fao ed Eurosurveillance raccomandano di non abbassare la guardia 

(traduzione, sintesi e adattamento a cura della redazione di EpiCentro)
La Fao (Food and Agricoltural Organization) ed Eurosurveillance esprimono preoccupazione per
i recenti focolai di influenza aviaria riscontrati nel pollame. Un rapporto di Eurosurveillance
segnala recenti focolai negli animali in Vietnam, Corea del Sud, Giappone, Thailandia e
Ungheria con casi di infezione umana segnalati in Indonesia e Cina, dopo un periodo di attività
relativamente bassa. Anche se questi dati non sorprendono, la persistenza del virus desta
preoccupazione per il rischio di mutazioni o ricombinazioni con il virus dell’influenza umana che
potrebbero dar luogo alla comparsa di un ceppo pandemico.
In Vietnam fra il 6 dicembre 2006 e il 17 gennaio 2007 sono stati segnalati 52 focolai epidemici
in uccelli selvatici in sette province meridionali, già raggiunte dalla campagna di
immunizzazione. Molti di questi contagi però sono avvenuti in fattorie che non erano registrate
alle autorità competenti, e che quindi non erano state raggiunte dalla campagna di
immunizzazione. Finora nel Paese sono stati vaccinati oltre 2 milioni di uccelli, ma nonostante
questi sforzi una copertura vaccinale adeguata non è stata ancora raggiunta. Focolai
circoscritti, nel pollame domestico, sono stati descritti anche in Giappone, Corea del Sud e
Thailandia. La situazione in Europa è caratterizzata da una riduzione dei focolai epidemici
rispetto allo scorso anno. Il primo focolaio del 2007 è stato segnalato in Ungheria, dove un
gruppo di oche è risultato positivo alla ricerca del virus A/H5N1. Questa riduzione dei focolai
potrebbe essere una conseguenza dell’inverno piuttosto mite: secondo alcuni ornitologi erano
state le rigide temperature dell’inverno 2005/2006 a favorire la migrazione degli uccelli e
quindi la diffusione del virus.
Al 22 gennaio, come indicato dall’Oms, i casi umani confermati sono in tutto 269, di cui 163 (il
61%) con esito letale. In Indonesia continuano a essere riportati casi di infezione umana, di cui
5 (con 4 morti) nel 2007. In Cina è stato segnalato nel dicembre 2006 un caso umano, della
cui esposizione a pollame infetto si sa poco. In Egitto, nel dicembre 2006, sono stati
confermati due casi umani, entrambi deceduti. I virus isolati dai campioni clinici prelevati da
questi due pazienti manifestavano la presenza di mutazioni già evidenziate in precedenza in
virus con una ridotta sensibilità all’oseltamivir. La resistenza del virus viene costantemente
monitorata, ma il livello di allarme è comunque basso perché non è stato osservato nessun
cambiamento nella trasmissibilità all’uomo: a tutt’oggi la quasi totalità dei casi di contagio
umano sono dovuti al contatto ravvicinato con gli uccelli. Quello che preoccupa è appunto la
persistente esposizione al pollame da parte dell’uomo, soprattutto nell’Asia orientale.
Anche la Fao ha descritto la presenza di nuovi focolai di influenza aviaria, sottolineando che,
oltre ai Paesi citati, il virus potrebbe averne colpiti altri in cui i focolai non sono stati ancora
segnalati. Anche se la diffusione del virus per mezzo delle migrazioni degli uccelli non è stata
osservata come nell’autunno/inverno del 2005, e il numero di nuovi focolai nelle prime
settimane del 2007 è sensibilmente inferiore rispetto alle ondate epidemiche dell’anno scorso,
la Fao raccomanda ai singoli Paesi di non abbassare la guardia e collaborare con le
organizzazioni internazionali. Il virus continua a uccidere persone e a danneggiare l’economia,
e può trasmettersi anche con il commercio e il trasporto di uccelli vivi.
«Finora molti Paesi sono riusciti a controllare la diffusione del virus, e la situazione globale è
migliorata: i focolai recenti non rappresentano una grande sorpresa. Ma dobbiamo tenere alto
il livello di attenzione: è fondamentale che i singoli Paesi intensifichino la sorveglianza e le
misure di risposta rapida», ha commentato Juan Lubroth, Senior Officer del Servizio per la
salute animale della Fao, in una conferenza stampa a Bangkok il 23 gennaio.
La prima ondata epidemica aveva colpito nel 2003-2004 otto Paesi asiatici, e la situazione era
rimasta sostanzialmente immutata nel 2004-2005. Nel 2005-2006 invece il virus si è diffuso in
Siberia, Medio Oriente, Europa e Africa, per un totale di 40 Paesi.

Anche se dal 2003 ad oggi non si è verificata la temuta pandemia questo non rappresenta una
garanzia che non succederà mai: anche il virus dell’influenza del 1918-1919 aveva circolato fra
gli uccelli per anni prima di scatenare la pandemia. Per questo l’eradicazione del virus A/H5N1
dagli uccelli rimane una priorità. Secondo la Fao, è probabile che serviranno diversi anni per
l’eradicazione del virus dal pollame, e sarà necessario un grande impegno da parte dei governi,
degli allevatori e della comunità internazionale. Le misure raccomandate comprendono
l’assoluta trasparenza sui focolai e il coinvolgimento diretto degli allevatori nella sorveglianza,
mentre, secondo la Fao, vietare l’allevamento da cortile o di anatre potrebbe favorire gli
allevamenti illegali e risultare quindi controproducente.

26 dicembre 2006 - 12:36
Aviaria: nona vittima in Egitto
IL CAIRO - Una ragazza egiziana di 16 anni e' morta oggi all'ospedale 'El Sadr' del Cairo a causa del virus H5N1. E' la nona vittima dell'influenza aviaria accertata nel Paese, su 18 casi di persone colpite dal virus da quando e' apparso in Egitto lo scorso mese di febbraio. La vittima e' la nipote di un'altra donna morta ieri per la stessa malattia.

      Aggiornamenti epidemiologici a cura del ECDC (EUROPEAN CENTRE FOR DISEASE PREVENTION AND CONTROL )

AGGIORNAMENTO SETTIMANALE– DI RIOSSIDAZIONE STAGIONALE EISS

L'aggiornamento seguente di EISS per la settimana 51 sarà pubblicato il 29 dicembre 2006

Europa probabilmente avvertirà i bassi livelli di attività di riossidazione in Natale e nel nuovo anno

Sommario: L'attività clinica di riossidazione in paesi attraverso Europa è rimasto ai livelli della linea di base nella settimana 50/2006. Il numero di laboratorio ha confermato i casi della riossidazione continuati per aumentare per Europa nell'insieme, ma la percentuale degli esemplari respiratori che verificano il positive è ancora bassa a circa 2%. Dall'inizio della stagione 2006-2007 un un totale di 194 casi della riossidazione A e 16 casi della riossidazione B sono stati rilevati attraverso Europa, di cui 71% provenivano dalla Francia, dalla Svezia, dalla Svizzera e dal Regno Unito.

Situazione epidemiologica - settimana 50/2006: I livelli di rete nazionali riossidazione-come della malattia (ILI) e/o dell'infezione respiratoria acuta (ARI) erano ad un basso livello in 25 paesi. L'Irlanda del Nord ha segnalato un'intensità media di attività di riossidazione, ma questa non è stata confermata tramite le rilevazioni del virus di riossidazione. I dati regionali hanno indicato l'attività sporadica in dieci paesi, significanti che le casse isolate del laboratorio hanno confermato la riossidazione sono state rilevate, mentre 17 paesi non hanno segnalato attività. Le definizioni degli indicatori epidemiologici possono essere trovate qui.

Situazione epidemiologica cumulativa - 2006-2007 stagione (settimana 40-50/2006): Finora questa stagione, i tassi di consultazione per ILI e/o ARI sono stati sotto i livelli della linea di base attraverso Europa.

Situazione virologica - settimana 50/2006: Il numero totale di esemplari respiratori
sono stati raccolti dai medici della sentinella 515, di cui 20 (3.9%) erano positivi per il virus di riossidazione. Di questi, 18 esemplari (di 90%) hanno verificato il positive a virus di riossidazione A e 2 (10%) hanno verificato il positive a virus di riossidazione B. In più, 38 esemplari dalle fonti della non-sentinella (per esempio esemplari raccolti per gli scopi diagnostici in ospedali) hanno verificato il positive a virus di riossidazione, di cui 35 (92%) erano la riossidazione A e 3 (8%) la riossidazione B. Dei 58 esemplari della non-sentinella e della sentinella positivi per il virus di riossidazione A, 4 hanno avuti il H1 e 5 il sottotipo H3 e 44 non erano subtyped.

Situazione virologica cumulativa - 2006-2007 stagione (settimana 40-50/2006): Basato sopra (dati sub)typing di tutte le rilevazioni del virus di riossidazione (N=210; i dati della non-sentinella e della sentinella), 136 (65%) erano tipo A non subtyped, 14 (7%) erano tipo il sottotipo H1 di A di cui tre erano sottotipo H1N1, 44 (21%) erano tipo il sottotipo H3 di A di cui 19 erano sottotipo H3N2 e 16 (8%) erano tipo B.

Sulla base dei dati di descrizione di tutte le rilevazioni del virus di riossidazione fino alla settimana 50/2006, 43 sono stati antigenicamente e/o geneticamente caratterizzato. Trenta cinque erano
A/Wisconsin/67/2005 (H3N2)-like, cinque erano A/California/7/2004 (H3)-like [ uno sforzo A(H3N2) del virus che è emerso durante la stagione 2004-2005, distribuita durante la stagione 2005-2006 e strettamente è collegato al virus di riferimento A/Wisconsin/67/2005 (H3N2) ], due erano A/New Caledonia/20/99 (H1N1)-like ed uno erano B/Malaysia/2506/2004-like.

Commento: L'attività di riossidazione in Europa rimane ai livelli della linea di base. Per Europa nell'insieme ed in un certo numero di paesi (Inghilterra, Francia, Norvegia, Svezia e Svizzera) il numero di laboratorio ha confermato i casi segnalati alla settimana continuata per aumentare. Tuttavia, questo non è riflesso nei tassi chiaramente aumentati di consultazione per ILI o ARI in questi paesi. In opposizione, anche se l'attività clinica di riossidazione in Irlanda del Nord è alla a lo stesso livello di nel picco delle due stagioni precedenti, ci è stato soltanto una rilevazione del virus di riossidazione A segnalata (nella settimana 50/2006) in questo paese.

Finora questa stagione, 92% delle rilevazioni del virus erano la riossidazione A. La maggior parte delle rilevazioni del virus, 71% di tutti i rapporti del virus, sono state segnalate dalla Francia (20%), dalla Svezia (29%), dalla Svizzera (12%) e dal Regno Unito (10%).

Un certo numero di paesi inoltre segnalano le rilevazioni del virus sinciziale respiratorio (RSV) a EISS. Un'infezione con RSV mostra i sintomi clinici che sono simili alla riossidazione. Per Europa nell'insieme, il numero di rilevazioni di RSV basso è confrontato alla settimana 50 della stagione 2005-2006. In un certo numero di paesi, le rilevazioni di RSV sono ancora sporadiche o sono cominciare giusto aumentare. In altri è simile (per esempio la Francia ed i Paesi Bassi) o (ai livelli moderati per esempio dell'Inghilterra) confrontati alla stessa settimana della stagione precedente. In Irlanda RSV i rapporti ora stanno declinando.

La chiusura delle scuole ed il caso delle feste nazionali Natale eccessivo e di nuovo anno probabilmente ridurranno il tasso della diffusione della riossidazione nelle due settimane venenti. Ciò probabilmente significa che i bassi livelli correnti di attività di riossidazione continueranno durante Natale ed il periodo di nuovo anno.

Priorità bassa: Il bollettino elettronico settimanale si presenta e commenta attività di riossidazione in 29 paesi europei che sono membri di EISS. Nella settimana 50/2006, 27 paesi hanno segnalato i dati clinici e 26 paesi hanno segnalato i dati virologici. La diffusione delle varietà virali di riossidazione ed il loro effetto epidemiologico in Europa stanno verificandi da EISS in collaborazione con il centro di collaborazione del WHO a Londra (Regno Unito) ed il centro europeo per la prevenzione di malattia e controllare a Stoccolma (Svezia).
 

                                            

bollettino Fao 02/06/2006

Confermato il ruolo dei volatili selvatici ma la conferenza scientifica FAO/OIE punta il dito anche sul commercio del pollame

Gli uccelli migratori selvatici hanno avuto, ed è probabile che continueranno ad avere, un ruolo nel trasporto su lunghe distanze del virus dell'influenza aviaria altamente patogena (HPAI). Questa è una delle principali conclusioni a cui è giunta la conferenza scientifica internazionale di due giorni organizzata dalla FAO e dall'OIE (l'Organizzazione Mondiale di Salute Animale).

Ma gli oltre 300 studiosi e ricercatori provenienti da più di 100 paesi che vi hanno partecipato, hanno anche riconosciuto che il virus si è diffuso principalmente attraverso il commercio di pollame, sia legale che illegale.

“Molte delle relazioni presentate nel corso della conferenza, alcune avvalorate da recenti studi apparsi su autorevoli pubblicazioni scientifiche, hanno coinvolto gli uccelli selvatici nell'introduzione del virus H5N1 a grandi distanze geografiche da dove sono stati riscontrati focolai tra il pollame”, ha stabilito la conferenza in un documento conclusivo.

Serbatoi permanenti del virus?
I partecipanti hanno ammesso di non avere ancora una risposta univoca su altre questioni centrali: il ruolo degli uccelli selvatici nella diffusione della malattia in oltre 50 paesi in tre diversi continenti, e se i volatili selvatici debbano o meno considerarsi adesso serbatoi permanenti del virus.

Se lo sono, con tutta probabilità porteranno il virus con sé nelle future migrazioni. Altrimenti il virus H5N1 potrebbe recedere naturalmente, quando gli animali infetti muoiono, o mutare in forme meno aggressive.

“Questa è una delle questioni aperte allo stato delle conoscenze scientifiche attuali”, ha detto Joseph Domenech, a capo del Servizio Veterinario della FAO." ”Bisogna perciò intensificare la ricerca”.

La conferenza ha fatto notare che gli attuali focolai in otto paesi africani sembrano connessi con il pollame domestico e principalmente da far risalire al commercio per il consumo umano, incluso quello illegale. Ciononostante, si è giudicato indispensabile continuare il lavoro di analisi per capire appieno come si sia introdotto il virus.

Maggiori investimenti
"Occorre mobilitare la comunità internazionale dei donatori per migliorare i servizi veterinari dei paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa ed in Asia", ha detto il Dr.Brückner, Responsabile del Dipartimento Tecnico e Scientifico dell'OIE.

“Saggi investimenti promuoveranno il rilevamento precoce nei volatili selvatici ed una risposta rapida ai focolai di malattia”, ha aggiunto il Dr.Brückner.

La gestione della malattia dovrebbe basarsi migliori norme igieniche e di biosicurezza a livello di produzione e commercializzazione, in tutti i settori avicoli, per minimizzare, ad esempio, il possibile contatto tra specie domestiche e selvatiche, si raccomanda nelle conclusioni.

Si auspica inoltre l'istituzione di un sistema di monitoraggio a livello mondiale per seguire i movimenti dei volatili selvatici, una struttura aperta a tutte le istituzioni coinvolte, includendo tra esse i centri scientifici, le organizzazioni contadine e venatorie, e le società che si occupano di protezione della fauna selvatica e di bird watching.

I partecipanti hanno bocciato l'idea di cercare di fermare la diffusione del virus mediante l'uccisione degli uccelli selvatici. “La distruzione degli habitat o attività di caccia degli uccelli selvatici indiscriminate sono una risposta scientificamente non giustificata”, si legge in una delle raccomandazioni finali.

Nel documento infine si raccomanda che la ricerca futura adotti un approccio interdisciplinare. A questo riguardo si richiedono investimenti per incorporare la tecnologia satellitare e telemetrica nello studio delle modalità che seguono le migrazioni degli uccelli selvatici